I Solidi Platonici e il Significato dei Numeri in Pitagora
Già nell’antichità si riconosceva alla Scuola Pitagorica l’inizio dello studio dei Solidi Platonici o Poliedri Regolari.
Nel V secolo d.C. , Proclo, nei suoi “Commentari su Euclide”, cita un passo della “Storia della Geometria” di Eudemo di Rodi in cui si indica in Pitagora lo scopritore dei Numeri Irrazionali e delle Figure Cosmiche (il frammento giunto fino a noi e contenente tale asserzione viene detto “Sommario Eudemiano”).
Molto probabilmente l’interesse dei pitagorici per i Solidi Platonici si deve all’osservazione dei cristalli di pirite presenti nelle zone della Magna Grecia in cui questa scuola iniziò nel VI secolo a.C.
La pirite può cristallizzarsi assumendo le forme di un Esaedro, di un Ottaedro e di un Dodecaedro irregolare o Pentadodecaedro.
Il ritrovamento di tali forme in natura doveva rafforzare la teoria pitagorica sul significato dei Numeri, ovvero della loro doppia natura di Principi Universali e di Entità Fisiche, di agenti formativi dell’Universo.
Le osservazioni astronomiche e le sperimentazioni musicali furono gli ambiti in cui si svolsero le indagini dei pitagorici legate ai numeri.
La “Tetraktis”
Da notizie posteriori allo sviluppo della scuola pitagorica sappiamo che i suoi adepti rappresentavano i numeri mediante sassi o punti disposti a Triangolo.
Tra questi Triangoli assunse grande valenza simbolica quello costituito da 10 Punti suddivisi nei primi quattro Numeri Interi: 1, 2, 3, 4.
Esso venne detto “Tetraktis” (tetrade) e fu usato per rappresentare la Perfezione e i suoi elementi e l’origine della Saggezza.
In Geometria, la “Tetraktis” includeva tutte le Dimensioni dello Spazio:
con il numero 1 si rappresentava il Punto;
il numero 2 rappresentava la Linea;
con il 3 si rappresentava la Superficie, attraverso il Triangolo Equilatero;
il 4 rappresentava il Solido, per mezzo del Tetraedro, il primo dei Solidi Platonici.
La “Tetraktis” servì inoltre a rappresentare nello studio della Musica i rapporti matematici che sono alla base dell’armonia della scala musicale:
1:1 per l’unisono;
1:2 per l’ottava;
2:3 per la quinta perfetta;
3:4 per la quarta perfetta.
In Astronomia, lo studio delle costellazioni, attraverso il numero delle stelle che le compongono e delle figure geometriche che esse assumono, confermò l’Universalità del Numero, che i pitagorici raffiguravano con la “Tetraktis”.
Gli “Opposti Cosmici”
I Numeri servirono alla Scuola Pitagorica per rappresentare il concetto di “Opposti Cosmici”.
Per questa teoria Macrocosmo e Microcosmo sono composti e condizionati da coppie di opposti che si contrappesano in modo da raggiungere ciascuno il proprio equilibrio.
Questa idea era stata fondamentale per la Scuola Ionica, da cui molto probabilmente Pitagora fu inizialmente influenzato.
Essa venne riassunta in una “Tavola degli Opposti” conservata nella “Metafisica” di Aristotele, in cui sono così suddivisi:
LIMITE – ILLIMITATO
DISPARI – PARI
UNITA’ – PLURALITA’
MASCHIO – FEMMINA
QUIETE – MOVIMENTO
RETTO – CURVO
LUCE – OSCURITA’
BUONO – CATTIVO
QUADRATO – OBLUNGO
I pitagorici rappresentarono il Primo Elemento della coppia di opposti con il primo Numero Dispari, il Tre, e il Secondo Elemento con il primo Numero Pari, il Due.
Il Numero Uno veniva detto Monade ed era considerato sia il Generatore di tutti i Numeri sia l’Unità da cui originava la Creazione.
Dal connubio del Tre e del Due si generava il Cinque, che rappresentava l’Amore e il Matrimonio.
Esso veniva rappresentato in geometria dal Pentagramma, la Stella a Cinque punte simbolo della confraternita pitagorica, e dal Pentagono.
Queste due figure geometriche si inscrivono l’una nell’altra all’infinito e molto probabilmente sono all’origine della scoperta del Rapporto Aureo che è essenziale per la loro costruzione.
Dal Pentagono inizia la costruzione del Dodecaedro, il più ricco di significati simbolici tra i Solidi Platonici.
Attraverso queste connessioni tra numeri, figure geometriche e osservazioni della natura e dei fenomeni celesti, i pitagorici ricercarono un ordine cosmico, delle leggi naturali generali.
I Solidi Platonici e la Struttura della Materia in Platone
In uno scolio al XIII° Libro degli “Elementi” di Euclide si precisa che solo tre dei Cinque Solidi Platonici erano conosciuti dai Pitagorici mentre l’esatta cognizione degli altri due fu opera di Teeteto.
E’ molto probabile che gli esponenti della Scuola Pitagorica sapessero il metodo per la costruzione del Tetraedro, dell’Esaedro e dell’Ottaedro (che erano noti anche a Egizi e Babilonesi) e forse fossero in grado di costruire l’Icosaedro e il Dodecaedro, ma è quasi certo che non sapessero dimostrare che sono solo questi cinque gli unici poliedri regolari.
L’Influenza di Teeteto su Platone
Teeteto (vissuto tra il 417 e il 369 a.C.) fu il primo a scrivere un trattato sistematico sui Cinque Solidi Platonici (nello “Suida”, un lessico di epoca bizantina, si afferma che egli fu il primo a costruire i cinque poliedri regolari).
Secondo il matematico Pappo, vissuto nel IV secolo d.C., Teeteto fu il primo a distinguere le potenze commensurabili dalle incommensurabili, tra cui quella alla base del Rapporto Aureo, fondamentale per la costruzione soprattutto del Dodecaedro, il più interessante tra i Solidi Platonici.
Teeteto era in rapporto con l’Accademia Platonica, tanto che Platone gli dedicherà uno dei suoi dialoghi e molto probabilmente si ispirerà anche alla sua opera per l’idea che la Struttura della Materia sia fondata sui Cinque Solidi Platonici.
Le Ipotesi sulla Materia nel “Timeo” di Platone
Platone nel “Timeo” affronta il problema delle Origini e del Funzionamento del Cosmo.
Timeo formula l’ipotesi che la Materia sia composta da Quattro Particelle Fondamentali aventi la forma dei primi Quattro Poliedri Regolari e corrispondenti ai Quattro Elementi.
La forma di queste particelle ha origine da costruzioni geometriche che partono dal Triangolo, secondo la scuola pitagorica di cui era esponente Timeo stesso.
Il Quadrato, corrispondente alle facce dell’Esaedro, si compone di Triangoli Isosceli.
Il Triangolo Equilatero, corrispondente alle facce del Tetraedro, dell’Ottaedro e dell’Icosaedro, si compone di Triangoli Scaleni.
Le teorie di Empedocle e di Democrito
Platone si ispirò e integrò tra loro due teorie sulla Struttura della Materia.
La teoria di Empedocle (vissuto tra il 490 e il 430 a.C.), secondo la quale la Materia sarebbe composta da Quattro Elementi fondamentali, la Terra, l’Acqua, l’Aria e il Fuoco.
La teoria degli Atomi di Democrito (vissuto tra il 460 e il 370 a.C.), secondo cui le componenti del Creato erano il Vuoto e delle particelle non ulteriormente divisibili, gli “Atomi”.
Elementi e Solidi Regolari
Platone associa ogni Elemento, con le sue peculiarità, a un Solido Regolare.
La Terra, immobile, plastica e solida, è legata l’Esaedro, il Cubo.
Le altre forme vengono così ripartite:
all’Acqua si associa l’Icosaedro, definito come la forma meno mobile dopo il Cubo, la più grande e la meno acuta;
all’Aria si collega l’Ottaedro, forma intermedia per mobilità, grandezza e acutezza;
al Fuoco si unisce il Tetraedro, la forma più mobile, piccola e acuta delle tre.
La Struttura dei Quattro Elementi nel “Timeo” di Platone:
In realtà, nel passo del “Timeo” inerente a questo argomento, non si fa esplicita menzione dei primi quattro Solidi Platonici anche se sono facilmente identificabili.
Ecco come Platone, per bocca di Timeo, descrive la struttura dei quattro elementi attraverso la formazione delle loro particelle elementari partendo dal Triangolo.
Il Triangolo
“… Prima di tutto è chiaro a chiunque come Fuoco, Terra, Acqua e Aria siano corpi e come ogni specie di corpo abbia anche una profondità, come sia assolutamente necessario che la profondità includa la natura del piano e come la superficie piana e rettilinea sia formata da Triangoli.
Tutti i Triangoli derivano da due Triangoli, ciascuno dei quali ha un angolo retto e due acuti; di questi due Triangoli, uno ha, dall’una e dall’altra parte, una parte uguale di angolo retto diviso da lati uguali, l’altro due parti disuguali di angolo retto diviso da lati disuguali.
Questo è il principio che noi stabiliamo per il Fuoco e per gli altri corpi, procedendo secondo un ragionamento essenziale e verosimile; quanto ai principi superiori a questi, li conosce il dio e, fra gli uomini, chi a lui è caro.”
I Quattro Bellissimi Corpi
“Ora bisogna dire quali sono i quattro bellissimi corpi, fra di loro differenti, di cui alcuni possono, dissolvendosi, generarsi reciprocamente.
Se scopriamo questa cosa, abbiamo la verità intorno alla nascita della Terra e del Fuoco e di tutti gli altri Elementi che secondo proporzione stanno nel mezzo.
Non saremo infatti d’accordo con nessuno che affermi che vi sono corpi visibili più belli di questi, i quali costituiscono ciascuno un genere a se stante.
Cercheremo dunque di accordare insieme questi quattro generi di corpi che si distinguono per la loro bellezza e allora potremo dire di aver compreso a sufficienza la loro natura.”
I Triangoli Isoscele, Rettangolo e Equilatero
“Dei due Triangoli, l’Isoscele ha ottenuto in sorte una sola forma, lo Scaleno infinite.
Dunque, fra queste forme infinite bisogna scegliere la più bella, se vogliamo cominciare in modo appropriato.
Qualora qualcuno fosse in grado di dircene, in base alla sua scelta, una più bella ancora per la composizione di questi corpi, egli avrà dunque ragione come amico e non come nemico.
Lasciando da parte gli altri Triangoli, stabiliamo allora che fra i molti Triangoli uno sia il più bello e cioè quel Triangolo che ripetuto forma un terzo Triangolo, l’Equilatero.
Sarebbe un discorso troppo lungo spiegarne la ragione e nondimeno vi è in premio la nostra amicizia per chi rifiuterà questa cosa e dimostrerà che non è così .
I due Triangoli scelti da cui sono stati realizzati i corpi del Fuoco e degli altri Elementi sono: l’Isoscele e quello che ha sempre il quadrato del lato maggiore triplo del quadrato del minore.”
Origine dei Quattro Elementi
“Ora definiamo meglio quel che prima si è detto in modo oscuro.
Infatti ci sembrava che i quattro Elementi traessero tutti origine uno dall’altro, ma questa visione non era corretta: in realtà i quattro Elementi derivano dai Triangoli che abbiamo scelto, ossia tre si formano da quello che ha i lati disuguali, mentre il quarto è formato esso soltanto dal Triangolo Isoscele.
Non possono dunque dissolversi tutti quanti reciprocamente, in modo che da un grande numero di corpi piccoli nasca un piccolo numero di corpi grandi, e viceversa, ma questo vale soltanto per i primi tre dato che derivano tutti da un solo Triangolo: quando i corpi più grandi si dissolvono, se ne formano molti e piccoli, i quali accolgono le figure a loro appropriate; quando invece numerosi corpi piccoli si dividono nei Triangoli, si costituiscono in un’altra grande specie, derivando un solo numero di una sola massa.
Dunque, quanto si è detto sulla loro reciproca generazione sia bastevole.
Quello che si deve qui di seguito spiegare è come si è formata ciascuna specie di essi e dalla combinazione di quanti numeri.”
Il Tetraedro
“Si comincerà dalla prima specie, che è ordinata nel modo più semplice: sostanza di essa è il Triangolo che ha l’ipotenusa lunga il doppio del lato minore.
Se si accostano due Triangoli di questo tipo secondo la diagonale, e per tre volte si ripete l’operazione, le diagonali e i lati piccoli convergendo nello stesso punto, come in un centro, dai sei Triangoli nasce un solo Triangolo Equilatero.
Se si compongono insieme quattro Triangoli Equilateri, essi formano per ogni tre angoli piani un angolo solido, che segue immediatamente il più ottuso degli angoli piani.
Formati questi quattro angoli, abbiamo la prima specie di solidi, che può dividere l’intera sfera in parti uguali e simili.”
L’Ottaedro
“La seconda specie si forma dagli stessi Triangoli, riuniti insieme in otto Triangoli Equilateri, inmodo da formare un angolo solido da quattro angoli piani.
Quando vi siano sei angoli di questo tipo, il corpo della seconda specie è così compiuto.”
L’Icosaedro
“La terza specie è formata da centoventi Triangoli connessi insieme, da dodici angoli solidi, compresi ciascuno da cinque Triangoli Equilateri piani e ha per base venti Triangoli Equilateri.
E uno dei due elementi, dopo aver generato queste figure, termina la sua funzione.”
L’Esaedro
“Il Triangolo Isoscele genera la natura della quarta specie, che è formata da quattro Triangoli Isosceli, con gli angoli retti congiunti nel centro, così da formare un Tetragono Equilatero.
Sei di questi Tetragoni Equilateri, accostati insieme, formano otto angoli solidi, ciascuno dei quali è formato dall’armonica combinazione di tre angoli piani retti.
La figura del corpo che così è formata è quella cubica e ha per base sei Tetragoni Equilateri piani.”
Il Dodecaedro
“Ma essendovi ancora una quinta combinazione, il dio se ne servì per decorare l’Universo.
Se qualcuno, riflettendo con attenzione su tutto quello che è stato detto, non riuscisse a decidersi se conviene dire che i mondi sono illimitati oppure limitati, potrebbe effettivamente ritenere che il pensarli di numero illimitato sia proprio di chi conosce in modo limitato ciò che occorre sapere senza limiti; mentre sul fatto che sia più conveniente affermare che esso è uno solo o siano stati veramente generati nel numero di cinque, a buon diritto dubiterebbe chi ponesse tale dubbio.
Noi suggeriamo che, secondo verosimiglianza, ne sia stato generato uno solo; un altro, in base ad altre considerazioni, può pensarla in un altro modo.”
I Quattro Elementi e i Quattro Solidi Platonici
“Ma lasciamo perdere questa questione, e le specie che ora si sono formate mediante l’argomentazione distribuiamole nel Fuoco, nella Terra, nell’Acqua e nell’Aria.
La Terra e l’Esaedro
E alla Terra assegniamo la figura cubica.
Infatti, fra le quattro specie, la Terra è quella più immobile e la più plasmabile fra tutti i corpi ed è assolutamente necessario che sia tale quel corpo che ha ricevuto le basi più salde.
Ma, fra i Triangoli che abbiamo postulato in principio, è per natura più salda la base formata da Triangoli a lati uguali che quella formata da quelli a lati disuguali; e la figura piana, che è formata dall’una e dall’altra specie di Triangoli, il Tetragono Equilatero, sia nelle parti che nel tutto, è inevitabilmente più stabile del Triangolo Equilatero.
Perciò assegnando questa forma alla Terra manteniamo un discorso verosimile; mentre all’Acqua assegneremo la forma meno soggetta a movimento fra le altre, al Fuoco la più mobile, all’Aria quella di mezzo; e assegneremo il corpo più piccolo al Fuoco, il più grande all’Acqua, quello intermedio all’Aria; e ancora, il più acuto al Fuoco, il successivo all’Aria, il terzo all’Acqua.
Il Fuoco e il Tetraedro
Fra tutte queste forme, quindi, quella che ha il minor numero di basi è inevitabilmente la più soggetta al movimento, essendo fra tutte le altre la più tagliente e la più acuta in ogni sua parte e inoltre la più leggera, essendo formata dal minor numero delle medesime parti, la seconda di queste forme ha tutte queste proprietà in secondo grado e la terza le possiede in terzo grado.
Secondo un ragionamento corretto e verosimile, diremo che la figura solida del Tetraedro sarà l’elemento e l’origine del Fuoco, che la seconda per generazione sarà la figura dell’Aria, la terza quella dell’Acqua.
Tutte queste forme bisogna concepirle così piccole che nessuna delle singole parti di ciascuna specie è visibile ai nostri occhi per la sua piccolezza, ma se molte se ne aggregano è possibile vedere la loro massa.”
Le proprietà dei Quattro Elementi
“Per quanto riguarda i rapporti numerici riguardanti le quantità, i movimenti e tutte le altre loro proprietà, il dio li realizzò in ogni parte alla perfezione e li unì in proporzione e armonia, nella misura in cui la natura della necessità si lasciava spontaneamente persuadere.
In base a tutto quello che abbiamo detto riguardo ai diversi Elementi, la questione potrebbe stare verosimilmente nei seguenti termini.
La Terra, incontrando il Fuoco e disciolta dalla proprietà di acutezza di questo, vagherebbe, dissolvendosi o nel Fuoco stesso o nella massa dell’Aria o dell’Acqua, finché le sue particelle, incontrandosi e riunendosi, non diventassero nuovamente Terra; infatti, essa non potrebbe trasformarsi in nessun altra specie.
L’Acqua, invece, divisa dal Fuoco o anche dall’Aria, può ricomporsi in un corpo di Fuoco e in due di Aria.
Le particelle di Aria, perdendo la loro unità e dissolvendosi, possono originare due corpi di Fuoco.
Viceversa, quando una piccola quantità di Fuoco, trovandosi racchiusa in una grande massa di Aria, di Acqua o di Terra, agitata dal movimento di ciò che la racchiude, viene vinta dopo aver combattuto e si spezza, i due corpi di Fuoco si ricompongono in un solo corpo d’Aria.
Se l’Aria sarà dominata e sminuzzata in due elementi interi e un mezzo, si formerà un elemento intero d’Acqua.”
Interazioni tra i Quattro Elementi
“Ma riflettiamo di nuovo su queste cose nel seguente modo.
Quando uno degli altri Elementi, chiuso nel Fuoco e tagliato dall’acutezza dei suoi angoli e dei suoi lati, si ricompone nella natura del Fuoco stesso, esso cessa di essere tagliato.
Infatti nessun corpo simile o identico a se stesso è in grado di determinare un mutamento o di subirlo da parte di ciò che è identico e simile.
Finché un corpo, incontrandosi con un altro più forte, combatte, esso non smette di disciogliersi.
Così quando corpi più piccoli e esigui, contenuti in corpi più grandi e numerosi, si spezzano e si annientano, quelli che si compongono nella forma dell’Elemento predominante cessano di annientarsi e da Fuoco diventano Aria, da Aria diventano Acqua.
Se alcuni Elementi si riuniscono insieme, e un agglomerato formato da altri Elementi li assalta, questi non cessano di dissolversi finché, del tutto espulsi o dissolti, o si rifugiano presso l’Elemento che è loro affine oppure, una volta vinti, diventano una sola cosa con l’Elemento vincitore e rimangono con lui.
Perciò, in base a queste trasformazioni, gli Elementi cambiano tutti di sede; infatti le masse di ciascun Elemento si separano e si distribuiscono in virtù del movimento del ricettacolo che li contiene, e ogni volta che diventano dissimili a se stesse e simili ad altre, vengono trasportate, a causa del rimescolamento, verso il luogo di quell’Elemento a cui si sono assimilate…”
Il Dodecaedro nel “Fedone” di Platone
In questo lungo passo i primi quattro Solidi Platonici sono ampiamente descritti e il loro apporto nella creazione della materia è pienamente sviluppato.
Platone invece si limita a un breve accenno riguardo al Dodecaedro, non rivelandone il nome e limitandosi a far dire a Timeo che “il dio se ne servì per decorare l’universo” ovvero “ricamare le costellazioni sull’insieme dei cieli”.
Platone fa un altro breve accenno a questo poliedro regolare nel “Fedone”.
Anche qui esso non viene nominato esplicitamente ma attraverso la descrizione della “vera” Terra come di una palla a dodici spicchi pentagonali e multicolori.
Infatti, nell’ultima parte del “Fedone”, Platone fa tenere a Socrate, che si accinge a bere la cicuta, il seguente discorso.
Il Discorso di Socrate:
L’Equilibrio della Terra
“…Ebbene” riprese Socrate, “Io, prima di tutto, mi sono convinto di una cosa: che se la Terra è al centro dell’universo ed è sferica, essa, per non cadere, non ha bisogno né dell’aria, né di alcun altra forza del genere, ma ciò che basta a reggerla è la perfetta somiglianza in ogni sua parte dell’universo e il perfetto equilibrio della terra stessa.
Infatti, un oggetto equilibrato, posto al centro di un altro omogeneo, non potrà mai inclinarsi da nessuna parte, né poco né tanto, e risultando esso stesso omogeneo resterà immobile.
Prima di tutto, dunque, di questo sono convinto.”
“E giustamente,” riconobbe Simmia.
Grandezza reale della Terra
“Poi,” riprese, “sono convinto che la Terra sia grandissima e che noi, dal Fasi fino alle colonne d’Ercole, non ne abitiamo che una ben piccola parte, abitando in prossimità del Mare, come formiche o rane intorno a uno stagno; e che molti altri uomini vivono in molti altri luoghi simili al nostro.
Infatti, sparse su tutta la Terra vi sono cavità di ogni specie, per forma e per grandezza, nelle quali si raccolgono l’acqua, la nebbia e l’aria.
Ma la Terra vera e propria si libra pura nel Cielo limpido, dove sono gli Astri, in quella parte chiamata Etere da coloro che sogliono discutere di queste cose, e ciò che confluisce continuamente nelle cavità terrestri non è che un suo sedimento.”
Falsa Conoscenza della Terra
“Noi che viviamo in queste fosse non ce ne accorgiamo e crediamo di abitare in alto sulla Terra, come uno che stando in fondo al Mare credesse di abitare in superficie e vedendo il Sole e le altre Stelle attraverso l’acqua, scambiasse il Mare per il Cielo e non essendo mai riuscito, per inerzia o debolezza, a giungere alla superficie del Mare, non avesse mai perciò potuto osservare, emergendo dal Mare e sollevando il capo verso la nostra dimora, quanto essa fosse più pura e più bella della sua, né avesse sentito mai parlarne da qualcuno che l’avesse vista.
È quello che capita anche a noi: relegati in qualche cavità della Terra, crediamo di abitare in alto, sopra di essa e chiamiamo Cielo l’Aria come se essa fosse lo spazio dove si volgono gli Astri.”
Incapacità di Vedere la Vera Terra
“Anche per noi è la stessa cosa: per debolezza e inerzia, siamo incapaci di attraversare l’aria, fino al limite estremo.
Se potessimo giungere fin lassù o aver l’ali per volare in alto, noi potremmo vedere, levando il capo, le cose di lassù, come i pesci che, emergendo dalle onde, vedono quanto accade quaggiù.
Se la nostra natura fosse in grado di sostenerne la vista, noi riconosceremmo che il vero Cielo è quello, quella la vera Luce e la vera Terra.
Perché questa nostra terra, le sue pietre e tutta quanta la regione che abitiamo, sono guaste e corrose come lo sono dalla salsedine quelle sommerse dal mare, e nulla nasce nel mare di cui valga la pena parlare, nulla che sia, per così dire, perfetto, bensì vi sono dirupi e sabbie e distese di fango e pantani ovunque, anche dove c’è terra e, insomma, cose che non si possono per nulla paragonare alle bellezze che abbiamo noi.
Ma, a loro volta, quelle di lassù sono di gran lunga superiori alle nostre.”
La Vera Terra
“E se è veramente bello narrare una favola, varrà la pena ascoltare, Simmia, come sono le cose sopra la Terra, appena al di sotto del Cielo.”
“Ma certo, Socrate,” esclamò Simmia, “e noi ascolteremo volentieri questa favola.”
“Ecco, amico mio, per prima cosa si dice che questa vera Terra, a chi la guardi dall’alto, appare come una di quelle nostre palle di cuoio, divise in dodici spicchi, dai colori diversi, a cui somigliano appena quelli che di solito usano quaggiù i pittori.
E si dice che quella Terra lassù, è tutta dipinta con questi colori, ma molto più luminosi e più puri dei nostri.
Infatti, ora è purpurea, di una meravigliosa bellezza, ora è color dell’oro o tutta bianca, più bianca del gesso e della neve, e gli altri colori di cui è composta sono assai più numerosi e più belli di quanti noi mai ne abbiamo visti…”
L’Eredità di Platone ai posteri
Questi due brevi cenni al Dodecaedro da parte di Platone furono fortemente evocativi per le generazioni successive, che li integrarono con altre meditazioni, specialmente della scuola pitagorica.
Il Dodecaedro venne legato alla forma dell’Universo anche perché, tra i Solidi Platonici, esso è quello che più si approssima alla Sfera, componendosi di dodici Pentagoni, al cui interno si forma il pitagorico Pentagramma e in cui si ritrova costantemente il Rapporto Aureo.
I Solidi Platonici e l’Etere di Aristotele
Alcuni filosofi di epoca successiva non si accontentarono dell’associazione tra Dodecaedro e Universo, ma cercarono un quinto elemento che questo poliedro regolare potesse rappresentare.
Lo trovarono nell’Etere, adottando la descrizione che ne dette Aristotele nelle sue opere, raccolte in epoca successiva nella “Metafisica”, nella “Fisica” e nel trattato “Sul Cielo”.
Aristotele (vissuto tra il 384 e il 322 a.C.) considerava l’Universo come sferico, finito, unico e con al suo centro la Terra.
Le Quattro Qualità della Materia
Secondo tale visione, questa era composta dai quattro Elementi tradizionali che presentavano ciascuno due delle quattro Qualità che definivano la Materia:
Secco e Freddo per la Terra;
Freddo e Umido per l’Acqua;
Umido e Caldo per l’Aria;
Caldo e Secco per il Fuoco.
Il “Luogo Naturale” degli Elementi
Ogni Elemento tendeva inoltre a rimanere o a tornare con un movimento rettilineo nel proprio “Luogo Naturale”, come lo definiva Aristotele:
il Basso per la Terra e l’Acqua;
l’Alto per l’Aria e il Fuoco.
Il Basso Assoluto corrispondeva al Centro dell’Universo, pertanto il pianeta Terra, composto principalmente dagli Elementi Terra e Acqua poteva trovarsi solo in quella posizione.
Tutte queste caratteristiche definivano la Terra come appartenente ai “luoghi sub-lunari del mutamento” a cui si contrapponevano i “luoghi immutabili” del Cosmo.
Il Quinto Elemento: l’Etere
Aristotele riteneva che tutto quello che si trovava oltre la Terra fosse composto da un quinto Elemento o Essenza: l’Etere.
Esso presentava delle caratteristiche peculiari che determinavano l’Immutabilità dei Cieli.
Esso era infatti: privo di massa, invisibile, incomposto, ingenerato, eterno, inalterabile.
Infine, aveva movimento circolare, sempre uguale a se stesso, lo stesso moto che veniva impresso alle sfere celesti.
I Cinque Elementi e i Cinque Solidi Platonici negli studiosi successivi
Nonostante le sostanziali differenze tra la visione platonica e quella aristotelica rispetto alla materia e all’universo, nelle epoche seguenti alcuni teorici tentarono una fusione.
Avvicinarono i quattro Elementi Tradizionali al quinto Elemento, l’Etere, chiamato perciò anche Quintessenza, e alla descrizione dei Cinque Solidi Platonici.
Pertanto essi furono così suddivisi:
TERRA – ESAEDRO
ACQUA – ICOSAEDRO
ARIA – OTTAEDRO
FUOCO – TETRAEDRO
ETERE – DODECAEDRO
Nel Rinascimento, soprattutto in ambito neoplatonico, i Cinque Elementi e i Cinque Solidi Platonici vennero definitivamente abbinati, come dimostrano ad esempio gli studi di Luca Pacioli.
Evoluzione del concetto di Etere
L’Etere, con il nome di “Quintessenza”, subì ulteriori indipendenti speculazioni nell’ambito delle ricerche alchemiche, specialmente nel tardo medioevo e in epoca rinascimentale.
Esso finì per rappresentare la forza vitale e confondendosi con la ricerca dell’immortalità.
Esso dal tardo medioevo venne anche considerato un elisir ottenuto mediante la quinta distillazione degli Elementi.
L’Etere venne considerato in seguito il mezzo attraverso cui si propagava la luce nell’universo.
Esso suscitò l’interesse degli scienziati fino alla seconda metà del XIX° secolo, finché non ne venne definitivamente provata l’inesistenza.
I Solidi Platonici negli “Elementi” di Euclide
Un’altra opera fondamentale per la fortuna dei Solidi Platonici nelle epoche successive furono gli “Elementi” di Euclide (vissuto probabilmente durante il regno di Tolomeo I, tra il 367 e il 283 a.C.).
Questo trattato, una delle più importanti e longeve opere pervenuteci dall’antichità, è suddiviso in 13 Libri:
i primi quattro sono dedicati alla planimetria elementare;
il quinto e il sesto alle proprietà dei segmenti e dei poligoni;
i libri dal settimo al decimo trattano dei numeri razionali e irrazionali;
gli ultimi tre libri prendono in considerazione i solidi geometrici.
Per quanto riguarda lo studio dei Solidi Platonici assumono particolare importanza:
Il Libro VI, che illustra il numero irrazionale “phi”, corrispondente al Rapporto Aureo presente nel Dodecaedro e nell’Icosaedro;
Il Libro XIII, in cui si dimostra che vi possono essere solo questi cinque poliedri regolari; inoltre, vi si tratta la loro costruzione e la loro inscrizione nella Sfera; la Proposizione 13 è dedicata al Tetraedro, la 14 all’Ottaedro, la 15 all’Esaedro, la 16 all’Icosaedro e la 17 al Dodecaedro;
Lo scolio al Libro XIII in cui si afferma che:
furono i Pitagorici i primi studiosi che trattarono della costruzione dell’Esaedro, del Tetraedro e del Dodecaedro;
mentre si dovevano a Teeteto le prime spiegazioni per la costruzione dell’Ottaedro e dell’Icosaedro.
L’importanza data negli “Elementi” al Rapporto Aureo e ai Solidi Platonici (argomenti tra loro correlati) deriva dalla medesima considerazione avuta per essi in ambito pitagorico e quindi platonico.
Ipotetica influenza di Platone su Euclide
Proclo, nei suoi “Commentari”, tra le varie notizie che fornisce su Euclide, ha anche la seguente suggestiva affermazione:
“…Per le idee Euclide era platonico e aveva molto familiare questa filosofia, tanto che si propose come scopo finale di tutta la raccolta degli Elementi la costruzione delle figure chiamate platoniche…”
Anche se questa asserzione è stata messa in discussione nel Novecento.
Essa comunque conferma come questi solidi geometrici, che assommavano in sé peculiarità matematiche e prerogative simboliche, fossero speciali per la cultura greca.
La Storia del Significato dei Solidi Platonici continua nelle seguenti pagine:
Significato dei Solidi Platonici – Introduzione