Benvenuto nella sezione dedicata alle opere d’arte di Antonietta Zanatta.
In questa pagina viene esemplificata la mia ricerca pittorica e plastica che tende alla realizzazione di opere d’arte di ispirazione simbolica, mitologica e cristiana attraverso l’uso simultaneo di tecniche tradizionali e assemblaggi.
Qui di seguito troverai pertanto una serie di brevi schede dedicata ai miei lavori più significativi, che spero potranno esserti di ulteriore stimolo per continuare la ricerca all’interno delle opere d’arte di simboli e miti.
In ogni scheda troverai una riproduzione dell’opera, il titolo, l’anno di esecuzione, i materiali, le dimensioni e, di volta in volta, la traduzione delle iscrizioni eventualmente presenti, un brano di un’opera letteraria a cui mi sono ispirata oppure una serie di stimoli che hanno contribuito all’elaborazione del progetto artistico.
Al termine di ogni scheda troverai un link che ti porterà in una pagina dove la medesima opera viene ulteriormente analizzata sia dal punto di vista tecnico che tematico e in cui troverai ulteriori collegamenti a schede riguardanti simboli e miti attinenti al soggetto e a schede di autori che hanno realizzato in passato opere d’arte di argomento simile. Potrai raggiungere la stessa pagina cliccando sull’immagine dell’opera.
Ho cercato di rendere questa parte del sito non solo una semplice esposizione del mio lavoro artistico ma soprattutto un altro mezzo di approfondimento del linguaggio dei simboli, del perdurare dei miti e della loro trasfigurazione nell’arte cristiana. Pertanto, nell’apposita sezione, ho accompagnato ogni mio lavoro da riproduzioni di altre opere d’arte di maestri del passato che hanno affrontato temi simili, corredate da alcune nozioni, che possono essere approfondite collegandosi alle pagine dedicate all’autore o al periodo storico.
***
Opere d’arte di Pittura
La Via per Santiago
Antonietta Zanatta
1994
tempera, vernici metalliche, rame, legno, vetro
cm 43×146
“Il gloriosissimo apostolo di Cristo Giacomo, allorché gli apostoli del Signore si sparsero nelle diverse parti del mondo, secondo la tradizione si recò in primo luogo ad annunziare il vangelo nella Galizia. I suoi seguaci, successivamente, trasportato per mare da Gerusalemme in Galizia il corpo dell’apostolo fatto decapitare da Erode, diffusero il cristianesimo in quella terra, ma i Galiziani, per colpa dei loro peccati, abbandonarono la fede cristiana e tornarono a quella pagana, fino al tempo di Carlo Magno, imperatore dei Romani, dei Franchi, dei Tedeschi e di altri popoli…”
***
“Poco dopo, però, vide nel cielo come un cammino formato di stelle, che iniziava dal mare della Frisia e si dirigeva fra il paese dei Tedeschi e l’Italia, fra la Gallia e l’Aquitania, passando poi in linea retta per la Guascogna, per la terra dei Baschi, per la Navarra e la Spagna fino a raggiungere la Galizia, dove il corpo del beato Giacomo giaceva a quel tempo ignorato da tutti.
Carlo scorgeva ogni notte questa mappa stellare e si chiedeva che cosa significasse. Mentre cercava di trovare risposta, un personaggio di indicibile bellezza una notte gli apparve in visione e gli disse: Che fai, figlio mio?”. Carlo rispose:”Chi sei, signore?”. “Io – disse – sono l’apostolo Giacomo, il discepolo di Cristo, figlio di Zebedeo e fratello dell’evangelista Giovanni, che il Signore nella sua ineffabile Grazia si degnò di scegliere sul mare di Galilea per annunciare ai popoli la sua parola…”
***
“Il cammino che hai visto tracciato in cielo dalle stelle significa che tu raggiungerai la Galizia con un grande esercito per combattere quel perfido popolo pagano, liberare il mio cammino e la mia terra e render visita alla mia basilica e al mio sepolcro: dopo di te si recheranno in pellegrinaggio tutti i popoli, dall’uno all’altro mare, a chiedere perdono a Dio delle proprie colpe e a celebrare le lodi del Signore, la sua potenza e le meraviglie che Egli ha compiuto…”
Cronaca dello Pseudoturpino o “Historia Karoli Magni et Rotholandi”, XII secolo
Tra le opere d’arte di pittura presenti in questa sezione, “La Via per Santiago” trae ispirazione dalla riproposizione dell’antico pellegrinaggio cristiano, in cui il simbolismo del viaggio derivante dalla tradizione classica si carica di nuove valenze provenienti dalla cultura mediorientale.
La Pupilla di Ade
Antonietta Zanatta
1995
tempera e pastelli su cartone, metalli, vetro, legno
cm 62×119
Il mito greco di Kore-Persefone
Kore, la Fanciulla, dea della rinascita primaverile, Figlia di Demetra (dea della terra fertile), diventa: Persefone, Sposa di Ade, Regina degli Inferi, pupilla, luminosità di e per Ade, fanciulla-specchio, in cui i mortali non vedono il loro proprio riflesso.
Mangiando un chicco di melagrana, simbolo di fertilità, Persefone rompe il digiuno rimanendo eternamente legata al Regno di Ade, sterile.
“La Pupilla di Ade” si presenta come una delle opere d’arte di pittura propriamente detta che si amalgama con tecniche ad essa estranee, come la lavorazione dei metalli e del legno.
Mentre le parti in rame si integrano con quelle pittoriche in modo imprescindibile, l’utilizzo dell’alluminio dipinto e del legno assumono connotati decorativi che tuttavia rafforzano con la loro peculiare forma (l’Occhio) il significato generale dell’opera.
Lo Specchio di Dioniso
Antonietta Zanatta
1997
tempera e pastelli su cartone, metalli, vetro, legno
cm 62×119
“… al sesto giorno, poi porrai nei tuoi vasi i doni di Dioniso che dà molta gioia.”
Esiodo, “Le opere e i giorni”, 613-614
“A Zeus la cadmeia Semele generò un figlio illustre,
unitasi a lui in amore, Dioniso ricco di gioia,
immortale essa mortale; ora ambedue sono dei.
… Dioniso dalle chiome d’oro la fulva Arianna,
figlia di Minos, la fece sua sposa fiorente,
lei che il dio figlio di Crono fece immortale e ognor giovane.”
Esiodo, “Teogonia”, 940-942, 947-949
“Lo Specchio di Dioniso” è la seconda parte di un dittico di opere d’arte di pittura, il cui primo elemento è “La Pupilla di Ade“. Le due opere si accostano naturalmente grazie all’utilizzo dei medesimi materiali eterogenei e delle stesse forme dei supporti.
Anche qui la forma a Occhio dell’opera viene usata per rafforzare il contenuto mitico delle parti dipinte.
Essa costituisce inoltre la visualizzazione dell’unione del mito di Persefone e del mito di Dioniso in una delle numerose varianti in cui essi si presentano nei testi pervenutoci.
L’aggiunta dello Specchio richiama uno dei tanti miti sulle molteplici nascite e morti di Dioniso.
Annunciazione
Antonietta Zanatta
1996-1999
tempera e pastelli su cartone, metalli, vetro, legno
cm 96×132
“In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio…”
Vangelo secondo Giovanni, 1,1-2
“Ave, Maria, piena di grazia…”
Vangelo secondo Luca, 1,28
“Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili…”
Preghiera cristiana
“Annunciazione” è una delle opere d’arte di ispirazione cristiana. Essa ha raggiunto la sua forma definitiva attraverso l’addizione nel tempo di elementi visivi che rafforzano l’idea originaria.
Al nucleo centrale, in cui sono predominanti le componenti figurativa e narrativa, si sono aggiunti i triangoli superiore e laterali, che si basano su elementi simbolici e letterari.
L’ultimo elemento aggiunto è il supporto metallico che conferisce maggiore ariosità alla scena, stemperando lo stacco delle cornici, che sono tuttavia lavorate graficamente, e integrando maggiormente il vetro necessario alla protezione delle parti a pastello su cartone.
Isis Regina
Antonietta Zanatta
1998
tempera e vernice metallica su cartone, metalli, vetro, legno, tessuto
2 pannelli cm 56×81 ciascuno
“Eccomi a te, o Lucio, poiché le tue preghiere mi hanno commossa. Io sono la genitrice dell’universo, la sovrana di tutti gli elementi, l’origine prima dei secoli, la regina delle ombre, la prima dei celesti; io riassumo nel mio volto l’aspetto di tutte le divinità maschili e femminili: sono io che governo col cenno del capo le vette luminose della volta celeste, i salutiferi venti del mare, i desolati silenzi dell’Averno. Indivisibile è la mia divina essenza, ma nel mondo io sono venerata ovunque sotto molteplici forme, con riti diversi, sotto differenti nomi.
Perciò i Frigi, i primi abitatori della terra, mi chiamano madre degli dei, adorata in Pessinunte; gli Attici autoctoni, Minerva Cecropia; i Ciprioti bagnati dal mare, Venere di Pafo; i Cretesi abili arcieri, Diana Dictinna; i Siciliani trilingue, Proserpina Stigia; gli abitanti dell’antica Eleusi, Cerere Attea; alcuni, Giunone; altri, Bellona; gli uni, Ecate; gli altri, Rammusia.
Ma le due stirpi degli Etiopi, gli uni illuminati dai raggi nascenti del sole all’alba, gli altri dai morenti al tramonto, e gli Egiziani cui l’antico sapere conferisce potenza, mi onorano con riti che appartengono a me sola, e mi chiamano, con il mio vero nome, Iside Regina.”
Apuleio, “Le metamorfosi o L’asino d’oro”, Libro XI, 5
“Isis Regina” fa parte della serie di opere d’arte di assemblaggio in cui convivono elementi grafici con materiali inconsueti come stoffa e metalli vari. La cornice lavorata fa assumere al lavoro un aspetto da “ellenismo barocco”.
Essa trae origine dalla lettura dell’”Asino d’oro” di Apuleio e in particolare visualizza contemporaneamente il ricongiungimento di Amore e Psiche e l’apparizione di Iside al povero Lucio ancora asino, ma ormai giunto alla fine del suo viaggio iniziatico.
Urano e Gaia
Antonietta Zanatta
2000-2006
tempera e pastelli su cartone, rame, vetro, legno
cm 51×76
“Gaia per primo generò, simile a sé,
Urano stellato, che l’avvolgesse tutta d’intorno,
che fosse ai beati sede sicura per sempre.
Generò i monti grandi, grato soggiorno alle dee
Ninfe che hanno dimora sui monti ricchi d’anfratti;
essa generò anche il mare infecondo, di gonfiore furente,
Ponto, senza amore gradito; dopo,
con Urano giacendo, generò Oceano dai gorghi profondi,
e Coio e Crio e Iperone e Impeto,
Teia Rea Temi e Mnemosine
e Foibe dall’aurea corona, e l’amabile Teti;
e dopo di questi, per ultimo, nacque Crono dai torti pensieri,
il più tremendo dei figli, e prese in odio il gagliardo suo genitore.”
Esiodo, “Teogonia”, 129-138
“Urano e Gaia” è una delle opere d’arte di ispirazione letteraria che trae origine da alcuni passi della “Teogonia” di Esiodo.
La simultaneità tra contrapposizione e congiunzione di Cielo e Terra è data dalla forma avvolgente dei legni lavorati, incisi e dipinti, che si inseriscono tra le parti dipinte a contrasto.
Risurrezione
Antonietta Zanatta
2006
tempera e vernice metallica su cartone, metallo
cm 100×71
“ecco l’agnello di dio
che toglie
il peccato
del mondo”
Vangelo di Giovanni, 1,29
“Di nuovo Gesù parlò loro: Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita.”
Vangelo di Giovanni, 8,12
“Io guardavo ed ecco un uragano avanzare dal settentrione, una grande nube e un turbinio di fuoco, che splendeva tutto intorno, e in mezzo si scorgeva come un balenare di elettro incandescente. Al centro apparve la figura di quattro esseri animati, dei quali questo era l’aspetto: avevano sembianza umana e avevano ciascuno quattro facce e quattro ali.
Le loro gambe erano diritte e gli zoccoli dei loro piedi erano come gli zoccoli dei piedi d’un vitello, splendenti come lucido bronzo. Sotto le ali, ai quattro lati, avevano mani d’uomo; tutti e quattro avevano le medesime sembianze e le proprie ali, e queste ali erano unite l’una all’altra. Mentre avanzavano, non si volgevano indietro, ma ciascuno andava diritto avanti a sé.
Quanto alle loro fattezze, ognuno dei quattro aveva fattezze d’uomo; poi fattezze di leone a destra, fattezze di toro a sinistra e, ognuno dei quattro, fattezze d’aquila. Le loro ali erano spiegate verso l’alto; ciascuno aveva due ali che si toccavano e due che coprivano il corpo. Ciascuno si muoveva davanti a sé; andavano là dove lo spirito li dirigeva e, muovendosi, non si voltavano indietro…”
***
“…Sopra il firmamento che era sulle loro teste apparve come una pietra di zaffiro in forma di trono e su questa specie di trono, in alto, una figura dalle sembianze umane. Da ciò che sembrava essere dai fianchi in su, mi apparve splendido come l’elettro e da ciò che sembrava dai fianchi in giù, mi apparve come di fuoco. Era circondato da uno splendore il cui aspetto era simile a quello dell’arcobaleno nelle nubi in un giorno di pioggia. Tale mi apparve l’aspetto della gloria del Signore. Quando la vidi, caddi con la faccia a terra e udii la voce di uno che parlava.”
Ezechiele, 1,4-12 1,26-28
“Risurrezione” si presenta come una delle opere d’arte di pittura tradizionale. L’unica singolarità tecnica sta nell’uso delle vernici metalliche per le iscrizioni. La sua ispirazione viene evidentemente dalle opere d’arte di tradizione cristiana e biblica.
L’immagine assomma l’iconografia del Risorto a quella della visione di Ezechiele, attraverso i simboli del Cerchio, del Quadrato e della Croce, visti come rappresentazione dell’Incarnazione, e per mezzo dell’uso del Colore inteso sia come Luce Divina che come Iride, segno dell’Alleanza.
Lo Specchio di Perseo
Antonietta Zanatta
2006-2007
tempera e pastelli su cartone, metalli, vetro, legno
cm 99×116
“L’erede di Agenore narra come ai piedi del gelido Atlante
si distenda un luogo protetto da un bastione invalicabile,
e come al suo ingresso abitassero due gemelle,
figlie di Forco, che si dividevano l’uso di un occhio solo;
come lui con destrezza glielo carpì, inserendo la propria mano
mentre se lo scambiavano; come attraverso sentieri sperduti
e impervi, attraverso orridi nell’intrico di foreste,
giunse alla casa di Gorgone, e qua e là in mezzo ai campi,
nei sentieri gli avvenne di vedere figure di uomini e belve
mutati da esseri vivi in granito per aver visto Medusa.
Ma lui aveva scorto, riflessa nel bronzo dello scudo
che reggeva col braccio sinistro, l’orrenda immagine,
e mentre un sonno pesante gravava sui serpenti e su lei stessa,
le spiccò il capo dal collo: quasi fosse linfa materna
dal sangue nacquero Pegaso, l’alato destriero, e suo fratello.”
Ovidio, “Metamorfosi”, IV 772-786
“Lo Specchio di Perseo” fa parte anch’essa dell’ambito delle opere d’arte di assemblaggio, in cui la pittura occupa uno spazio limitato rispetto alla componente scultorea.
Il mito viene evocato soprattutto attraverso figure geometriche elementari, quali il Triangolo e il Cerchio, e con l’ausilio del colore e di materiali inusuali, specialmente lo Specchio che da il titolo all’opera.
Troverai ulteriori impressioni e approfondimenti alla pagina “Lo Specchio di Perseo“.
Eternità
Antonietta Zanatta
2008
tempera su cartone, metallo, legno
cm 72×72
Simboli:
croce
asse del mondo, mediatore tra cielo e terra, centro del mondo
simbolo ascensionale
uroboros
serpente che si morde la coda
movimento, continuità, autofecondazione, eterno ritorno
arcobaleno
ponte fra cielo e terra, rinnovamento ciclico, unione, alleanza
quadrato
l’universo creato, il mondo stabilizzato, il cosmo
“Eternità” continua la ricerca della raffigurazione simbolica attraverso l’uso delle opere d’arte di assemblaggio.
Il concetto di eternità viene esplicitato per mezzo delle Figure Geometriche del Cerchio e del Quadrato, dell’uso del Colore come rimando all’Arcobaleno, dell’inserimento di elementi incisi su rame, ovvero l’Uroborose la Croce paleocristiana.
La Tela di Aracne
Antonietta Zanatta
2008
tempera, acrilico, vernici metalliche, rame su cartone e legno
cm 47×112
Simboli:
La tela del ragno è una spirale che segue uno schema governato dal rapporto aureo, ovvero la progressione geometrica.
Il grande occhio-foglia aveva funzione apotropaica.
Mito:
“La dea del Tritone aveva seguito con attenzione il racconto
delle Muse, elogiando il canto e giustificandone l’ira.
Ma poi, tra sé: “Lodare va bene, ma anch’io voglio essere lodata,
non lascerò che si disprezzi la mia divinità impunemente!”.
E si impegnò a perdere Aracne di Meonia che, l’aveva udito,
non voleva riconoscerle il primato nell’arte
di tessere la lana. Non per ceto o stirpe lei era famosa,
ma per maestria d’arte…”
***
“…Sia che iniziasse a raccogliere la lana grezza in matasse
o, filandola con le dita, un dopo l’altro ne ammorbidisse
con largo gesto i bioccoli simili a nuvolette,
sia che ruotasse il fuso levigato con lievi tocchi del pollice
o con l’ago ricamasse, era chiaro che l’ammaestrava Pallade.
Ma lei lo negava e indispettita dal carisma della maestra:
”Che gareggi con me!” diceva. “Se vince, starò alla sua mercé”…”
***
“…Ma la bionda dea guerriera si dolse del successo,
fece a brandelli la tela che illustrava i misfatti degli dei
e, con in mano la spola fatta col legno del monte Citoro,
più volte in fronte colpì Aracne, figlia di Idmone.
La sventurata non lo resse e fuor di senno corse a cingersi
il collo in un cappio: vedendola pendere n’ebbe pietà Pallade
e la sorresse dicendo: ”Vivi, vivi, ma appesa come sei,
sfrontata, e perché tu non abbia miglior futuro, la stessa pena
sarà comminata alla tua stirpe e a tutti i tuoi discendenti”.
Poi, prima di andarsene, l’asperge col succo d’erbe
infernali, e al contatto di quel malefico filtro
in un lampo le cadono i capelli e con questi il naso e le orecchie;
la testa si fa minuta e così tutto il corpo s’impicciolisce;
zampe sottili in luogo delle gambe spuntano dai fianchi;
il resto è ventre: ma da questo Aracne emette un filo
e ora, come ragno, torna a tessere la sua tela.”
Ovidio, “Metamorfosi”, Libro VI, 1-8, 19-25, 130-145
“La Tela di Aracne” è una delle opere d’arte di ispirazione mitologica e letteraria in cui il mito si fonde con una riflessione della presenza sia negli eventi naturali come in alcuni manufatti artistici di aspetti matematici quali la progressione geometrica, il numero aureo, la serie di Fibonacci.
Questo lavoro trova il suo compagno visivo nella “Nascita della Via Lattea“.
La Nascita della Via Lattea
Antonietta Zanatta
2008
tempera, acrilico, vernici metalliche, rame su cartone e legno
cm 47×112
Mito:
Secondo una versione del mito riportata da Pausania, Ermes (Mercurio) pose al petto della dormiente Era (Giunone) il piccolo Eracle (Ercole), ma questi succhiò così forte che la dea lo allontanò, mentre dal latte schizzato con violenza si formava la Via Lattea nel cielo.
“C’è in alto nel cielo una via, che si vede quand’è sereno:
Lattea ha nome ed è nota proprio per il suo candore.
Questa è la strada dei numi per la dimora di Giove tonante,
per la sua reggia…”
Ovidio, “Metamorfosi”, Libro I, 168-171
Anche “La Nascita della Via Lattea“, costituendo il “pendant” della “Tela di Aracne“, è anch’essa una delle opere d’arte di ispirazione mitologica in cui la pittura tradizionale si combina con l’uso di elementi in rame lavorato.
La struttura prevalentemente geometrica, che parte da una griglia di Quadrati, si sovrappone a una citazione dell’omonima opera di Jacopo Tintoretto.
Il Carro di Afrodite
Antonietta Zanatta
2008
tempera, acrilico, vernici metalliche, rame su cartone e legno
cm 47×112
“E come ebbe tagliati i genitali con l’adamante
li gettò dalla terra nel mare molto agitato,
e furono portati al largo, per molto tempo; attorno bianca
la spuma dall’immortale membro sortì, e da essa una figlia
nacque, e dapprima a Citera divina
giunse, e di lì poi giunse a Cipro molto lambita dai flutti;
lì approdò, la dea veneranda e bella, e attorno l’erba
sotto gli agili piedi nasceva; lei Afrodite,
cioè dea Afrogenea e Citerea dalla belle chiome,
chiamano dei e uomini, perché dalla spuma
nacque; e anche Citerea, perché prese terra a Citera;
o Ciprogenea ché nacque in Cipro molto battuta dai flutti;
oppure Filommedea perché nacque dai genitali.”
Esiodo,”Teogonia”, 188-200
“Il Carro di Afrodite” costituisce il primo elemento di un virtuale dittico dedicato alle divinità femminili greche. A tale opera d’arte si accompagna infatti “Il Carro di Selene“, accomunata sia dalla medesima ispirazione letteraria, la “Teogonia” di Esiodo, che dalla struttura generale.
Le figure geometriche su cui si basa l’opera vengono stemperate negli elementi figurativi ispirati da reperti archeologici della Magna Grecia.
Il Carro di Selene
Antonietta Zanatta
2008
tempera, acrilico, vernici metalliche, rame su cartone e legno
cm 47×112
“Teia, Sole grande e la splendida Luna
e Aurora, che a tutti i mortali risplende
e agli immortali dei che possiedono l’ampio cielo,
generò, giacendo con Iperione in amore.”
Esiodo,”Teogonia”, 371-374
“Il Carro di Selene” è il secondo elemento di un virtuale dittico dedicato alle divinità femminili greche. Quest’opera d’arte si accompagna infatti al “Carro di Afrodite“, derivando anch’essa dalla “Teogonia” di Esiodo e impostandosi sulla medesima struttura generale.
Le figure geometriche che stanno alla base di entrambe le opere si fondono con gli elementi figurativi in rame, ispirati da reperti archeologici della Magna Grecia, e con frammenti di colore che si coagulano nelle forme base.
***
Opere d’arte di Scultura
Il Messo di Ecate
Antonietta Zanatta
1989
metalli, vetro
cm 100×75
Il mito greco di Ecate
dea triforme
dea della Luna, rappresentata nelle sue tre fasi (crescente, piena, calante)
della fertilità e della prosperità
dea dei Crocicchi, dei cammini e degli incontri, che collega i tre livelli (inferi, mondo terreno, cielo)
dea degli Inferi, delle apparizioni notturne, delle paure irrazionali, dei “messi” dell’inconscio
“Il Messo di Ecate” è una delle opere d’arte di confine tra scultura e assemblaggio. In essa convivono ispirazioni provenienti sia dalla mitologia greca che dalle tradizioni popolari europee.
La dea dei Crocicchi ritorna deformata nella cultura popolare attraverso il suo messaggero, il popolare “folletto”, che assume nomi e valenze diverse nelle varie aree geografiche, mantenendo la sua funzione di collegamento tra i Tre Mondi.
Il mito viene evocato per mezzo dell’uso ripetuto di forme triangolari e attraverso i colori.
La Mano di Rea
Antonietta Zanatta
1989-2008
metalli e tessuto
cm 7x42x31
Il Mito greco di Rea
Rea, in procinto di partorire Zeus, si rifugiò sul monte Ida, a Creta, per proteggere il bambino divino dal padre Crono.
Quando incominciarono le doglie, ella si puntellò con ambo le mani al suolo.
Immediatamente sorsero degli esseri armati che con gran rumore coprirono gli strilli del neonato.
Secondo alcune tradizioni, essi erano tre di numero e associavano le funzioni di servitori, aiutanti nel parto, fabbri ed incantatori.
Venivano chiamati in vari modi: Dattili Idei (dita dell’Ida), Cureti (giovani), Coribanti, Cabiri.
Quando erano presentati come tre fratelli assumevano nomi legati al lavoro del fabbro: i due maggiori erano detti “incudine” e “soggiogatore” o “martello”, il minore veniva chiamato “coltello” o “acciaio”.
Anche “la Mano di Rea” si presenta come una delle opere d’arte di scultura più anomale, a causa l’uso dei materiali impiegati, quali metalli e stoffa fortemente rielaborati.
Indispensabile è la presenza del titolo per l’innesco di una serie di rimandi alla mitologia più arcaica, giunta fino a noi in modo frammentario e talora non più comprensibile nel suo originario significato.
La Fermezza di Penelope
Antonietta Zanatta
2006
legno e metalli
cm 12x50x26
“…; ed ecco Odisseo
sdegnato si volse alla sua donna fedele:
“O donna, davvero è penosa questa parola che hai detto!
Chi l’ha spostato il mio letto? sarebbe stato difficile
anche a un esperto, a meno che un dio venisse in persona,
e, facilmente, volendo, lo cambiasse di luogo.
Tra gli uomini, no, nessun vivente, neanche in pieno vigore,
senza fatica lo sposterebbe, perché c’è un grande segreto
nel letto ben fatto, che io fabbricai, e nessun altro.
C’era un tronco ricche fronde, d’olivo, dentro il cortile,
florido, rigoglioso; era grosso come colonna:
intorno a questo murai la stanza, finché la finii,
con fitte pietre, e di sopra la copersi per bene,
robuste porte ci misi, saldamente commesse.
E poi troncai la chioma dell’olivo forzuto,
e il fusto sul piede sgrossai, lo squadrai con il bronzo
bene e con arte, lo feci dritto a livella,
ne lavorai un sostegno e tutto lo trivellai con il trapano.
Così, cominciando da questo, polivo il letto, finché lo finii,
ornandolo d’oro, d’argento e d’avorio.
Per ultimo tirai le corregge di cuoio, splendenti di porpora.
Ecco, questo segreto ti ho detto: e non so,
donna, se è ancora intatto il mio letto, o se ormai
qualcuno l’ha mosso, tagliando di sotto il piede d’olivo”.
Così parlò, e a lei di colpo si sciolsero le ginocchia e il cuore,
perché conobbe il segno sicuro che Odisseo le diceva; …”
Omero,”Odissea”, Libro XXIII, 182-206
Più vicina all’assemblaggio che alle opera d’arte di scultura, “La Fermezza di Penelope” ripropone questa figura femminile come ci viene trasmessa dall’”Odissea” di Omero, con la sua astuzia e la sua risolutezza, alter ego di Odisseo e ugualmente amata da Atena.
Penelope viene evocata attraverso l’immagini della tessitura, dell’ulivo con cui venne costruito il talamo, ma anche la pianta donata da Atena agli uomini, dei piedi ben saldi, simbolo di concretezza e stabilità.
Crocicchio
Antonietta Zanatta
2007
vetro e metalli
cm 20x33x33
Simboli:
crocicchio
incrocio dei cammini,i quattro punti cardinali, i quattro elementi,
centro del mondo, croce
piramide
incontro ascensionale dei tre mondi
uovo
nascita del mondo
corona di rose a cinque petali
armonia della natura primordiale, rigenerazione
“Crocicchio” si presenta come una delle opere d’arte di scultura giocata sull’uso della figura della Piramide, intesa come espansione ascensionale della funzione di incontro e di origine, proprie del Crocicchio.
All’opera viene dato un ulteriore significato di evocazione dell’aspetto femminile della divinità per mezzo dei nomi incisi alla base e della corona di rose all’interno delle due piramidi di vetro.
Dedalo
Antonietta Zanatta
2008
metalli
cm 18x34x34
“Dedalo, famosissimo per il suo talento di costruttore,
esegue l’opera, rendendo incerti i punti di riferimento
e ingannando l’occhio con la tortuosità dei diversi passaggi.
Come nelle campagne di Frigia il Meandro si diverte e scorrere,
fluendo e rifluendo col suo imprevedibile corso,
e aggirando sé stesso scorge l’acqua che ancora deve raggiungerlo,
o, rivolto qui verso la sorgente, più in là verso il mare aperto,
tormenta indeciso il suo flusso; così Dedalo dissemina
d’inganni quel labirinto di strade, al punto che persino lui,
tanto è l’intrico di quella dimora, stenta a trovarne l’uscita…”
***
“… Ma intanto Dedalo, insofferente d’essere confinato a Creta
da troppo tempo e punto dalla nostalgia della terra natale,
era bloccato dal mare. ”Che Minosse mi sbarri terra ed acqua,”
rimuginò, “ma il cielo è pur sempre aperto: passeremo di lì.
Sarà padrone di tutto ma non dell’aria!”. E subito
dedica il suo ingegno a un campo ancora inesplorato,
sovvertendo la natura. Dispone delle penne in fila,
partendo dalle più piccole alle più grandi,
in modo che sembrano sorte su un pendio: così per gradi
si allarga una rustica zampogna fatta di canne diseguali.
Poi al centro le fissa con fili di lino, alla base con cera,
e dopo averle saldate assieme, le curva leggermente
per imitare ali vere…”
Ovidio,”Metamorfosi”, 159-168, 183-195
In “Dedalo” il mito viene espresso attraverso una delle opere d’arte di scultura più propriamente detta rispetto alle precedenti. Su un tronco di cono viene innestata una forma ispirata a uno dei più antichi reperti in cui viene rappresentato il Labirinto. Al suo centro due ali cesellate rimandano all’apice del racconto del mito classico, ribadendo inoltre l’aspetto di abile artigiano di Dedalo.