La Letteratura Artistica nell’Età Moderna: il Seicento, tra Classicismo e Colorismo
Dopo le opere dell’età della Controriforma, durante tutto il Seicento si registrò un notevole divario tra l’arte e la letteratura artistica.
Mentre l’arte barocca si sviluppava in tutti i campi, la critica d’arte mantenne come ideale il classicismo elaborato alla fine del secolo precedente.
Il perdurare del Classicismo
Come esempio emblematico di tale atteggiamento possiamo prendere in considerazione le pagine superstiti del “Trattato della pittura” dell’Agucchi.
In quest’opera sono elogiati gli artisti della scuola bolognese come i Carracci e Domenichino.
E’ invece denigrata l’opera di Caravaggio, reo di avere prediletto esclusivamente la “similitudine” a scapito dell’”idea della bellezza”.
Inoltre in quest’opera si trova per la prima volta espressa l’idea di “scuola” intesa come movimento artistico.
Giovan Pietro Bellori
Fu Giovan Pietro Bellori nelle sue “Vite de’ pittori, scultori ed architetti” (1672) a formulare pienamente l’ideale classico e l'”Idea del Bello”.
Egli inoltre per la prima volta descrisse minuziosamente le opere d’arte ponendo l’accento sul “moto di ciascheduna particolar figura” e “l’attioni che accompagnano gli affetti”.
Poussin, Le Brun e il Classicismo Francese
A questa visione dell’arte si dimostrò congeniale l’opera di Nicolas Poussin che divenne paradigmatica per tutto il classicismo seicentesco.
Sotto l’egida della sua opera pittorica la scuola critica francese divenne la nuova guida del classicismo europeo.
La letteratura artistica francese dedicata al Classicismo parte da queste basi:
l’idea cartesiana della “espression des passions”;
l’esortazione di Poussin a rappresentare i “moti dell’anima” e gli “affetti”;
la riscoperta tutta francese del “Trattato della pittura” di Leonardo.
Il trattato più rappresentativo di questa corrente fu quello scritto da Charles Le Brun, che si presentava corredato da incisioni ispirate dagli studi fisionomici leornardeschi.
Il Colorismo
Il classicismo francese, alimentatosi del mito di Poussin, era assai lontano da una realtà artistica molto variegata.
Esso fu perciò contrastato nella seconda metà del XVII secolo dai sostenitori del colorismo, rappresentato dall’opera di Rubens, considerato il continuatore del cromatismo veneto.
Tra i difensori della “causa del colore”, possiamo ricordare il francese Roger de Piles con le opere “Dialogue sur le coloris” (1673) e “Cours de peinture par principes” (1708).
Importante fu anche il senese Giulio Mancini con le sue “Considerazioni sulla pittura” (1621).
In quest’opera egli fu il primo a catalogare i dipinti secondo l’epoca e la tecnica.
Cercò anche di elaborare una storia dello stile sviluppando l’idea di divisione in “scuole” già formulata dall’Agucchi e che diverrà uno dei capisaldi della critica artistica.
Un’altra opera emblematica a difesa del colorismo fu la “Carta del navegar pitoresco” (1660) scritta in rima e in veneziano da Marco Boschini.
La sua vibrante esaltazione del colore e della luce della pittura veneta fu presa in considerazione da Roger de Piles per sostenere l’arte di Rubens.
La Letteratura Artistica alla fine del Seicento
Durante il Seicento si verificarono pertanto alcune queste determinanti novità:
La Letteratura Artistica divenne monopolizzata dai letterati a scapito degli artisti;
la Francia subentrò all’Italia nello sviluppo teorico;
sulla falsariga dell’opera vasariana, si sviluppò una notevole storiografia locale, che risulterà preziosa per la Storia dell’Arte propriamente detta;
il collezionismo e il mercato dell’arte assunsero dimensioni prima inconcepibili provocando il sorgere di nuove figure come l’agente, il falsario e il “connoisseur”.
La Letteratura Artistica nell’Età Moderna: il Settecento, tra Neoclassico e Preromantico
Nel XVIII secolo la Francia è la dominatrice della Letteratura Artistica, grazie anche all’invenzione dei “salons” che porteranno all’affermarsi della critica d’arte in senso proprio.
Nello stesso periodo compaiono i primi scritti della scuola tedesca e di quella inglese, con la loro visione già anticlassica e sviluppata per temi.
Anthony Ashley Cooper, terzo conte di Shaftesbury
Esempio di questo periodo di transizione è l’opera di Anthony Ashley Cooper, terzo conte di Shaftesbury, colto committente inglese amante dell’Italia.
Nei suoi scritti troviamo, accanto a tematiche ancora rinascimentali e classicistiche, alcune problematiche che si affermeranno durante il Settecento:
l’unità di tempo e di azione, propugnata in seguito da Lessing attraverso il concetto del “momento pregnante”;
la perfetta semplicità opposta agli “ornamenti” e alle “passioni esagerate” del Barocco.
L’influsso dell’opera di Shaftesbury fu notevole sugli scrittori tedeschi come Winckelmann, Lessing, Goethe, ma si rivelò modesto in patria.
Classicismo e Anticlassicismo in Inghilterra
In Inghilterra si affermarono, contrastandosi reciprocamente, il Classicismo e l’Anticlassicismo.
Il maggiore rappresentante del Classicismo fu Joshua Reynolds, famoso pittore e primo presidente della Royal Accademy, legato ancora all'”Idea del Bello” del Bellori.
L’Anticlassicismo fu rappresentato con efficacia da William Hogarth, il grande pittore e incisore inglese.
Egli scrisse il trattato “The analysis of beauty” in cui, partendo dalle opere teoriche di Leonardo e Lomazzo, giunse a considerare come “perenne forma di bellezza” la figura serpentinata michelangiolesca.
Anche in architettura si creò in Inghilterra la medesima opposizione tra gli architetti neopalladiani e i cultori alticlassici di Hogarth, delle cineserie, del giardino “libero”, del goticismo.
Il Pittoresco e il Sublime
In questa temperie si formarono due poetiche che avranno ripercussioni notevoli nella cultura europea.
Una fu la poetica del “bello pittoresco“, ovvero la poetica del paesaggio come “varietà”; essa fu delineata per la prima volta nell’opera dell’abate Du Bos, nei primi decenni del secolo.
L’altra fu la poetica del “bello sublime“, ovvero del sentimento di sgomento, finitezza e terrore provocato dalla visione della natura infinita; essa trovò la sua formulazione più completa negli scritti di estetica di Edmund Burke.
La relazione fra “pittoresco” e “sublime” fu la base su cui si fondò la “Critica del Giudizio” di Kant.
Questa antitesi, che nella storia dell’arte e della letteratura verrà definita come la “querelle” tra “neoclassici” e “preromantici“, troverà sviluppi interessanti anche negli altri paesi europei.
Denis Diderot e la Critica d’Arte in Francia
In Francia, alla polemica tra i continuatori delle regole accademiche e i propugnatori delle nuove tendenze, si affiancò la nascita nel 1737 dei “salons“.
Questo evento provocò l’esigenza di una Critica d’Arte attenta all’attualità, alle nuove tendenze artistiche e volta a indirizzare il “gusto” del pubblico.
La figura centrale della critica d’arte francese fu Denis Diderot.
I suoi scritti, come le relazioni sui “salons” scritte dal 1759 al 1781 e l'”Essai sur la peinture“, svolsero funzione d’opposizione nei confronti dei giudizi accademici.
Egli esaltò la libertà del giudizio, in linea con lo spirito dell'”Encyclopédie“, di cui era fondatore.
Johann Joachim Winckelmann e i Classicisti Tedeschi
Nello stesso periodo vennero pubblicate le opere dei classicisti tedeschi, tra le quali spiccano per estrema importanza i lavori di Johann Joachim Winckelmann.
In “La storia dell’arte dell’antichità” (1764) egli concepisce una storia dello stile divisa in periodi di formazione, fioritura e decadenza attraverso l’analisi delle opere d’arte, un metodo che verrà sviluppato nel secolo seguente.
Con scritti come “Il bello nell’arte. Scritti sull’arte antica” (1763), Winckelmann contribuì alla diffusione del “neoclassicismo“, fiorito anche grazie alle scoperte archeologiche di Ercolano (1738) e di Pompei (1748).
Oppositori del Neoclassicismo
L’opera di Winckelmann e quella dei suoi epigoni ebbero valenti oppositori:
Diderot e gli artefici dello “Sturm und Drang“, che rimproveravano l’oblio della natura;
i paladini del “revival gotico” e della tradizione tedesca, tra i quali il giovane Goethe.
Gotthold Ephraim Lessing
L’opera di Winckelmann fu fondamentale per Gotthold Ephraim Lessing.
Il suo “Laocoonte” (1766) divenne basilare per tutta la critica d’arte settecentesca.
Nella sua opera Lessing operò le seguenti distinzioni:
divise l’Arte dalla Scienza;
distinse la dimensione spaziale della Visione dalla dimensione temporale della Poesia;
creò una distinzione lessicale tra Poesia e Arti Figurative definendo quest’ultime come “Arti Plastiche“, ovvero Pittura, Scultura, Architettura.
La Letteratura Artistica in Italia nel Settecento
L’Italia, pur rimanendo con il suo immenso patrimonio artistico fonte d’ispirazione per tutti questi autori, assunse un ruolo di secondo piano nella letteratura artistica.
Infatti, per avere un’opera in linea con la cultura europea si dovette aspettare “La Storia pittorica dell’Italia” (1789) di Luigi Lanzi.
In essa per la prima volta viene tracciato un quadro storico complessivo dell’arte italiana, divisa in scuole regionali, e con attenzione verso gli artisti più rappresentativi.
L’internazionalizzazione della cultura europea e la nascita della nuova figura del critico d’arte furono la base dello sviluppo ottocentesco della Storia dell’Arte.
A questi fenomeni si deve aggiungere il lento soccombere della teoria artistica scritta dagli stessi artisti a favore di quella degli “esperti d’arte“, fossero questi collezionisti, conoscitori, critici o puri teorici.